Sanguinamenti anomali dell’utero: cause, diagnosi e trattamento


Il sanguinamento anomalo uterino rappresenta una delle maggiori cause di richiesta di consulenza ginecologica, con una prevalenza per le donne di età compresa tra 36 e 40 anni, ma anche nel post menopausa. Le cause possono essere diverse, ma una corretta diagnosi con apparecchiature all’avanguardia, permette di diagnosticare e trattare la causa contemporaneamente.

Ne parliamo con la dottoressa Maria Consolata Amedeo, ginecologa di Clinica Sedes Sapientiae.

Cosa causa perdite anomale di sangue dall’utero?

Nelle donne in età fertile il sanguinamento uterino anomalo può essere associato alla presenza di una patologia dell’utero, frequentemente associata a riduzione di fertilità, insuccesso di una gravidanza e anemizzazione; nella donna in post menopausa invece un sanguinamento uterino può essere associato a una patologia maligna. Secondo la classificazione della Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia (FIGO) tra le possibili cause di sanguinamento anomalo uterino si possono riscontrare malattie come polipi, adenomiosi, leiomiomi, lesioni maligne del corpo dell’utero, coagulopatie/emopatie, disfunzione ovarica, disfunzione endometriale, e cause iatrogene, cioè patologie ma anche effetti collaterali o complicanze dovute a farmaci o a trattamenti.

Come si fa diagnosi?

In presenza di sanguinamento anomalo dall’utero, il percorso di valutazione prevede la visita specialistica ginecologica, l’ecografia pelvica transvaginale, la ricerca di germi cervicovaginali che si effettua con il tampone vaginale, il prelievo citologico (PAP test) associato alla ricerca del papillomavirus (HPV DNA test) e l’eventuale colposcopia per l’esecuzione di biopsie mirate per l’analisi istologica, a conferma delle eventuali anomalie riscontrate.

Nel percorso diagnostico, l’ecografia ginecologica ha un ruolo fondamentale, grazie allo sviluppo di apparecchi ecografici sempre più performanti che permettono di aiutare il medico nella diagnosi: infatti, i moderni ecografi sono in grado di rilevare un ispessimento endometriale anomalo sia nelle pazienti oncologiche, in particolare con tumore della mammella in corso di terapia con tamoxifene, sia nelle donne in menopausa con polipi endometriali e con rischio di neoplasia.

Nelle donne in età fertile, la visita con ecografia ginecologica aiuta anche nella diagnosi di adenomiosi, cioè la presenza di endometrio nella parete muscolare dell’utero, di miomi uterini, ovvero lesioni uterine benigne, e della loro localizzazione, di anomalie nell’anatomia dell’utero, come ad esempio i setti uterini; nelle pazienti sottoposte a precedente chirurgia uterina (taglio cesareo), l’ecografia aiuta la diagnosi di istmocele, ovvero la presenza degli esiti di una cicatrizzazione anomala del taglio cesareo, simile a un’ernia che si sviluppa nella parete dell’utero. Inoltre, grazie all’utilizzo di parametri ecografici, il medico può definire anche il rischio relativo che la lesione rilevata all’ecografia ginecologica possa avere caratteristiche di malignità.

Cos’è l’isteroscopia?

In caso di lesioni del corpo uterino, di norma è raccomandata l’esecuzione di una isteroscopia, cioè di una valutazione diretta della cavità uterina con esame endoscopico, che permette allo specialista di vedere e studiare l’utero al suo interno. La procedura avviene senza che aumenti il disconfort per la paziente che, quando è presente, può essere assimilato al dolore crampiforme del ciclo mestruale.

L’introduzione della moderna tecnologia ha permesso di trasformare sempre più frequentemente questa metodica in una procedura unica durante la quale è possibile sia diagnosticare (isteroscopia diagnostica) sia effettuare il trattamento (isteroscopia operativa), come ad esempio l’asportazione di polipi fino al 1,5-2 cm e di piccoli miomi (inferiori a 1,5 cm), l’asportazione di setti uterini (metroplastica) e il trattamento dell’istmocele, insieme all’esecuzione di biopsie del tessuto endometriale.