
Bruciore al centro del petto, rigurgito acido o non acido, dolore toracico, disfagia (difficoltà a deglutire), alitosi persistente, e in alcuni casi, ruminazione (il ritorno del cibo in bocca seguito da una nuova deglutizione). Nella maggior parte dei casi, uno o più di questi sintomi sono riconducibili al reflusso gastroesofageo, una condizione piuttosto comune e ampiamente conosciuta. Tuttavia, se i sintomi persistono nonostante una terapia adeguata o se la gastroscopia non evidenzia anomalie, è opportuno cambiare prospettiva e considerare altre possibili cause, come le malattie funzionali dell’esofago.
Approfondiamo l’argomento con il dottor Fabio Saccà, gastroenterologo presso la Clinica Sedes Sapientiae di Torino.
Cosa sono le malattie funzionali dell’esofago?
Si tratta di disturbi caratterizzati da alterazioni della motilità o della sensibilità dell’esofago, senza che vi siano lesioni strutturali o danni organici rilevabili con gli esami diagnostici tradizionali. A differenza di altre patologie esofagee che hanno cause ben definite, come l’esofagite eosinofila, le malattie funzionali non possiedono un’origine chiara né risultano direttamente correlate a stile di vita o abitudini alimentari. Di conseguenza, non è possibile prevenirle in senso stretto, rendendo fondamentale una diagnosi accurata e un approccio terapeutico personalizzato per migliorare la qualità di vita.
Quando sospettare il problema?
Spesso, in presenza di sintomi come bruciore al petto, rigurgito acido o difficoltà a deglutire, il medico di base prescrive un trattamento con antiacidi o inibitori della pompa protonica, farmaci specifici per il reflusso gastroesofageo. Tuttavia, se i sintomi persistono o non migliorano nonostante diversi cicli di terapia mirata, è fondamentale approfondire la diagnosi. In questi casi, è consigliabile rivolgersi a uno specialista per escludere altre cause, come le malattie funzionali dell’esofago, in modo da definire un percorso diagnostico e terapeutico adeguato.
Quali esami sono necessari?
Il primo esame diagnostico di riferimento è la gastroscopia, o esofago-gastro-duodenoscopia, che permette di osservare direttamente l’esofago, lo stomaco e il duodeno. Questo esame consente di identificare o escludere danni visibili causati dal reflusso, come l’esofagite, e di rilevare eventuali lesioni sospette, inclusi potenziali tumori. In presenza di sintomi specifici come la disfagia (difficoltà a deglutire), durante la gastroscopia possono essere eseguite anche delle biopsie, cioè prelievi di tessuto da esaminare al microscopio. Questa procedura è fondamentale per escludere patologie come l’esofagite eosinofila, una forma infiammatoria dell’esofago dovuta a una risposta immuno-allergica spesso scatenata da alcuni alimenti.
Se la gastroscopia non evidenzia anomalie e le biopsie non mostrano alterazioni patologiche, il passo successivo consiste nell’effettuare esami funzionali più specifici, come la pH-impedenziometria esofagea e la manometria esofagea.
La pH-impedenziometria esofagea rappresenta l’esame di riferimento (gold standard) per misurare con precisione la quantità di acido che risale dallo stomaco all’esofago, offrendo un’analisi più dettagliata rispetto alla gastroscopia nel diagnosticare il reflusso gastroesofageo.
La manometria esofagea, invece, valuta il funzionamento motorio dell’esofago, misurando la forza, la coordinazione delle contrazioni muscolari e la pressione degli sfinteri esofagei. Questo esame è fondamentale per identificare malattie funzionali dell’esofago come l’acalasia, lo spasmo esofageo o l’ipertonia dello sfintere esofageo inferiore, condizioni che possono causare sintomi simili al reflusso ma che richiedono un trattamento differente.
Ci sono poi condizioni ancora più sottili, come l’ipersensibilità esofagea, dove l’esposizione dell’esofago all’acido è normale, ma il paziente percepisce comunque sintomi molto intensi, perché l’esofago risponde in maniera eccessiva a stimoli altrimenti innocui. Anche in questo caso, la gastroscopia appare normale, ma il paziente avverte disagio e va trattato con un approccio mirato.
Quali trattamenti sono disponibili?
Una volta stabilita con precisione la diagnosi, è possibile scegliere il trattamento più adeguato e personalizzato. Le opzioni terapeutiche sono diverse e variano in base alla patologia specifica. Si va dai classici farmaci antiacidi o inibitori della pompa protonica, che a volte si usano anche per le malattie funzionali dell’esofago, eventualmente con dosaggi differenti, fino a farmaci inizialmente pensati per altri scopi. È il caso dei calcio-antagonisti, impiegati per trattare l’ipertensione, ma che possono avere un effetto rilassante sulla muscolatura esofagea, contribuendo così a ridurre i sintomi in alcune malattie funzionali.
Nei casi più complessi o resistenti alle terapie farmacologiche, si può ricorrere a trattamenti più invasivi. Un esempio è la miotomia endoscopica per via orale (POEM), una procedura mininvasiva utilizzata per curare l’acalasia. Durante questa tecnica innovativa, un endoscopio viene inserito attraverso la bocca per creare un piccolo tunnel nella parete esofagea e tagliare le fibre muscolari dello sfintere esofageo inferiore che causano il blocco, senza incisioni esterne. Questo intervento permette un rapido recupero, minore dolore post-operatorio e una significativa riduzione dei sintomi.
In alcuni casi selezionati, infine, può rendersi necessario un intervento chirurgico tradizionale. L’approccio terapeutico viene comunque sempre modulato in base alle esigenze del paziente e alla gravità della malattia, con l’obiettivo di migliorare significativamente la qualità di vita.
La buona notizia è che le malattie funzionali dell’esofago non evolvono quasi mai in patologie gravi. Solo in casi particolarmente avanzati – ad esempio nell’acalasia non trattata – si può arrivare a complicazioni come la denutrizione, che comporta un rischio sistemico per la salute. Tuttavia, grazie ai progressi diagnostici e terapeutici, oggi è molto raro che queste malattie raggiungano stadi così critici.
Serve un centro di esperienza
Purtroppo, chi manifesta questi sintomi si trova spesso a dover affrontare un lungo e frustrante percorso tra diversi medici e terapie, con un notevole dispendio di tempo, energie e risorse. Questo accade perché le malattie funzionali dell’esofago non sono sempre immediatamente riconoscibili e richiedono una valutazione specialistica approfondita. Proprio per questo, è fondamentale rivolgersi a centri specializzati e a professionisti con comprovata esperienza, capaci di individuare tempestivamente i segnali clinici e di guidare il paziente attraverso un percorso diagnostico e terapeutico mirato e personalizzato.
In quest’ottica nasce e si consolida un’attività specialistica come quella del Centro di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva della Clinica Sedes Sapientiae di Torino, dove si eseguono sia visite specialistiche gastroenterologiche sia procedure diagnostiche ed endoscopiche avanzate. La possibilità di un approccio integrato consente non solo di abbreviare i tempi diagnostici, ma anche di costruire un percorso di cura efficace e personalizzato.