
Approfondiamo l’argomento con il dottor Massimo Brignolo, responsabile del Centro della Spalla della Clinica Sedes Sapientiae.
Instabilità di spalla: cos’è e quali sono le cause?
La spalla è l’articolazione più mobile del corpo umano, ma è anche una delle più delicate, a causa di una struttura anatomica complessa, in cui la testa dell’omero si articola con una cavità poco profonda della scapola, chiamata glena. Per mantenere la stabilità, la spalla si affida soprattutto a capsula articolare, legamenti, muscoli e tendini della cuffia dei rotatori. Quando queste strutture non riescono più a tenere in sede la testa omerale, si parla di instabilità di spalla. In pratica, l’articolazione perde la capacità di mantenere la sua normale posizione, con la conseguente sensazione che la spalla “esca” o “stia per uscire” dalla sua sede.
Per comprendere l’instabilità, è utile immaginare la spalla come una pallina che si muove su un piattino (la glena), circondata da bande elastiche (i legamenti): se tutto è in equilibrio, il movimento è fluido; ma se i bordi del piattino si deformano o gli elastici diventano troppo lassi, cioè eccessivamente elastici, la pallina rischia di scivolare via. Tuttavia è bene fare chiarezza sui termini: infatti, instabilità, sublussazione e lussazione vengono comunemente usati come sinonimi, ma in termini medici descrivono situazioni diverse, con gradi di severità, sintomatologia e trattamenti diversi.
- Instabilità. È la condizione in cui la testa dell’omero non resta perfettamente centrata nella glena. Può essere traumatica o non traumatica, provoca dolore, fastidio o la sensazione di cedimento, ma non comporta sempre una vera fuoriuscita dell’articolazione dalla sua sede. È bene rivolgersi all’ortopedico per fare una valutazione della spalla e prevenire ulteriori episodi e danni più gravi alle strutture della spalla.
- Sublussazione. La testa dell’omero esce solo parzialmente dalla sua sede e vi rientra spontaneamente. È un episodio transitorio ma rappresenta un chiaro segnale di instabilità strutturale. Una valutazione specialistica permette di valutare eventuali danni, anche lievi, che non trattati, nel tempo potrebbero dare problemi alla spalla.
- Lussazione scapolo-omerale. È l’evento più traumatico: la testa dell’omero fuoriesce completamente dalla glena, con perdita totale dei normali rapporti articolari. Si manifesta con dolore violento, blocco del movimento e spesso deformità visibile della spalla. È raccomandato non provare a riportare la spalla in sede, ma rivolgersi a strutture ospedaliere e ortopedici esperti.
L’instabilità può portare, nel tempo, a sublussazioni o lussazioni vere e proprie. Dopo il primo episodio di lussazione, soprattutto se traumatico, la spalla tende a diventare più instabile, con rischio di recidive.
Le cause principali dell’instabilità sono diverse:
- Lassità costituzionale: alcune persone hanno un tessuto connettivo più elastico del normale, oppure con una cavità glenoidea poco profonda, che offre meno resistenza ai movimenti articolari estremi. In questi casi di ipermobilità, la spalla è più predisposta a movimenti anomali della testa omerale anche senza traumi evidenti.
- Traumi acuti: un incidente, una caduta sul braccio o un movimento brusco possono danneggiare il cercine glenoideo (una sorta di anello di cartilagine che circonda la glena) o i legamenti che stabilizzano l’articolazione. Dopo un episodio traumatico, l’articolazione può perdere parte della sua stabilità naturale.
- Microtraumi ripetuti: alcuni sport o lavori mettono la spalla sotto stress continuo. È il caso di chi pratica discipline “overhead” (come nuoto, tennis o pallavolo) o attività lavorative che comportano sollevamenti frequenti di oggetti sopra la testa (come nel caso degli imbianchini dei parrucchieri). Le sollecitazioni continue possono indebolire il sistema capsulo-legamentoso e provocare microlesioni.
- Lesioni ossee: in seguito a traumi importanti della spalla, può verificarsi una perdita di tessuto osseo sul margine della glena o sulla testa dell’omero. Quando questo accade, la superficie articolare diventa meno congruente e il rischio di episodi di instabilità aumenta. Dopo un primo episodio, la probabilità di recidiva è alta, soprattutto se non si esegue un adeguato programma di riabilitazione.
Nei giovani e negli sportivi con ipermobilità o sovraccarico funzionale, la spalla instabile è un fenomeno frequente, e la combinazione di fattori anatomici e funzionali può rendere più probabile la comparsa di nuove lussazioni.
Quali sono i sintomi e quali esami servono per l’instabilità di spalla?
Il sintomo più caratteristico dell’instabilità di spalla è la sensazione di cedimento dell’articolazione durante un movimento, in particolare quando il braccio viene sollevato lateralmente o ruotato verso l’esterno. Il dolore è un altro sintomo frequente, e può essere acuto, in caso di episodio traumatico, oppure più sordo e diffuso se l’instabilità è cronica. A volte si possono avvertire rumori articolari, come click o scatti, quando la testa omerale si muove in modo irregolare. Altri segnali possono essere: difficoltà a sostenere il braccio in alcune posizioni, perdita di forza o controllo nei movimenti, limitazione funzionale nelle attività quotidiane o sportive.
In questi casi è bene rivolgersi a un Centro della Spalla per una valutazione specialistica e, se necessari, esami strumentali come radiografie, RMN o TC per valutare l’integrità delle strutture ossee e dei tessuti molli.
Il trattamento varia a seconda della gravità del problema: nei casi più lievi può bastare un percorso fisioterapico mirato al rinforzo dei muscoli stabilizzatori della spalla (in particolare la cuffia dei rotatori e i muscoli scapolari), eseguito da fisioterapisti esperti nella riabilitazione della spalla; nei casi più complessi, come le instabilità traumatiche con perdita ossea, può essere necessario un intervento chirurgico ricostruttivo che può essere eseguito, se indicato, anche in artroscopia (Latarjet artroscopica). Dopo la chirurgia, il recupero richiede immobilizzazione temporanea, fisioterapia progressiva e un rientro graduale alle attività quotidiane e sportive.
